Yayoi Kusama, una vita a pois!

Yayoi Kusama fotografata da Araki

“Yayoi” di Beatrice Brandini

Un universo incantato e complesso fatto di pois, occhi, funghi, tentacoli, un mondo la cui dimensione è molto più tormentata di ciò che sembra essere.

Installazione by Yayoi Kusama

International Galery Orez, 1965

Yayoi Kusama

Yayoi Kusama ha 90 anni e, da più di cinquanta, riveste un ruolo da protagonista nel mondo dell’arte contemporanea. Nata in Giappone nel 1929, ha cominciato a dipingere da bambina, esternando il suo complesso mondo interiore fatto di creatività ma anche di emotività e fragilità. Per questo la pittura e l’arte sono state una salvezza, un mezzo che le ha permesso, attraverso la sua arte, di esternare i suoi tormenti interiori. 

   

Yayoi Kusama at the Tate Modern in London

Alla fine degli anni ’50 si trasferisce a New York, la città offriva molto a chi desiderava sperimentare. E’ qui infatti che muove i primi passi nel campo dell’arte, sono di questo periodo i lavori come Infinity Net,  Accumulatium o Sex Obsession. Da metà degli anni sessanta realizza anche numerose performance provocatorie dipingendo con dei pois i corpi dei visitatori e facendoli interagire (potevano entrare all’interno) con le sue opere. Fin dai primi lavori realizzati si capisce l’innovazione di quest’artista, soprattutto contestualizzandola con l’epoca e le sue origini. Kusama si scosta completamente dal panorama artistico nipponico dell’epoca ancora molto conservatore e ancorato a stilemi tradizionali.

Yayoi Kusama 

Le storie personali e professionali di questa grande artista si alimentano a vicenda. Cresciuta in Giappone durante la seconda guerra mondiale da una famiglia (e un epoca) che scoraggiava le sue ambizioni creative, la Kusama viene  ostacolata anche in America, dove all’epoca sessismo e razzismo erano all’’ordine del giorno, come lei stessa racconta nel toccante documentario Infinity. Dagli anni Quaranta fino ad oggi, l’arte e la vita di Yayoi Kusama si fondono e i confini tra l’equilibro geniale e quello mentale si fanno labili, generando un arte onirica, ludica, distintiva, e unica.

   

Yayoi Kusama at the Louis Vuitton flagship store, luglio 2012

 

Alcuni pezzi della collezione Louis Vuitton by Yayoi Kusama, 2012

I pois, inizialmente piccoli e poi di dimensioni sempre più grandi, sono la cifra stilistica ed esistenziale dell’artista. Il segno circolare è la forma del sole e della luna, dell’infinito, del cosmo, dell’energia di cui l’uomo si nutre, oltre a connettersi con le allucinazioni che hanno caratterizzato tutta la sua vita.

I suoi lavori sono esposti nei musei più importanti del mondo come il MoMa di New York, il Tate Modern di Londra, al National Museum of Modern Art di Tokyo, ecc.

   

Opere di Yayoi Kusama

A Washington la mostra Infinity Mirror ha richiamato migliaia di visitatori che hanno fatto lunghissime code per ammirare le sue opere, tributandole un affetto immenso. Yayoi Kusama è infatti una delle artiste viventi più popolari, famosa anche per le sue collaborazioni e incursioni nella moda, come quella del 2012 con Marc Jacobs, allora direttore artistico della maison Louis Vuitton, che la chiamò per realizzare una collezione di borse e abiti caratterizzati dai suoi inconfondibili pois. La classica tela monogram del brand diventa Monogram Vernis Dots Infinity. 

   

Pumpkin by Yayoi Kusama 

Famose le sue Infinity Room, stanze rivestite di specchi che trasportano il visitatore in un mondo parallelo fatto di pois. Oppure Mirror Room Pumpkin in cui l’oggetto più amato dall’artista, la zucca, è replicato in infinite varianti.

Le sue opere sono molto quotate, il suo White No. 28 del 1960 è stato battuto recentemente da Christie’s a New York per 7,109 milioni di dollari.

   

Mood Polka Dots (or Pois) di Beatrice Brandini

   

Mood Polka Dots (or Pois) di Beatrice Brandini

Nel suo studio di Shinjuku, fuori Tokyo, l’artista dipinge tutto il giorno, protetta e accudita da assistenti e personale dell’ospedale. Infatti dal 1977 Yayoi Kusama ha deciso di vivere in un ospedale psichiatrico a Seiwa, probabilmente una scelta dettata da un desiderio di accudimento mai provato prima. Una scelta che la umanizza ancora di più poiché non sempre è facile fare i conti con la propria fragilità.

Buona vita a tutti!

Beatrice

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